Già l’antico nome della Bretagna spiega la sua principale peculiarità! Ar-mor, regione del mare, così era chiamata l’attuale Bretagna fino al medio evo ed ancora è questo il nome di una delle province che la compongono, la regione armoricana.
La costa bretone si sviluppa per oltre 3000 chilometri, in un’infinita varietà di scogliere, baie, spiagge e promontori che segnano l’ambiente e gli abitanti.
In ogni parte il mare penetra la terra portando con se l’odore dell’oceano fino all’interno degli estuari. La terra, sottomessa alla forza dell’oceano, vi getta le sue pietre creando catene di isole allungandosi in promontori. All’estremo ovest della penisola bretone, là dove la terra finisce, imponenti pareti di roccia resistono verticali e sprezzanti ai ripetuti assalti della forza delle onde.
Gli stessi nomi locali di alcuni luoghi registrano la memoria della continua lotta fra gli elementi: Enfer de Plogoff (l’inferno di Plogoff), Baie des Trépassés (baia dei defunti) o Passage de la grande Peur (Passaggio della grande paura) riportano alla memoria epocali scontri fra le forze della natura. Natura che però, nelle stagioni tranquille, offre il meglio di se e ripropone, due volte al giorno, il magico fenomeno della marea.
L’intera vita delle cittadine costiere della Bretagna è legata all’andamento delle maree, che, legate al ritmo lunare, raggiungono in questa regione proporzioni inimmaginabili. Il record spetta alla baia di Mont St. Michel, dove la marea raggiunge l’escursione di ben 16 metri. Ma tutta la Bretagna è sotto l’influsso di questa marea che sembra avere qualcosa di magico. In poche ore una baia tranquilla si trasforma in un paesaggio lunare, disseminato di vita sottomarina, paralizzata in attesa.
Non è inusuale, in Bretagna, fare un passeggiata in fondo al mare, oppure raggiungere a piedi un’isola lontana anche qualche chilometro dalla costa. Il paesaggio della bassa marea è forse uno degli aspetti più caratteristici della Bretagna, con le barche appoggiate su un fianco, simili a corpi accasciati in attesa di nuova vita. Alla desolazione delle barche prive della loro linfa vitale si contrappone la loro colorazione vivace, che spicca ancora di più in assenza del mare.
Parlando di Bretagna e del suo legame con il mare, non si può dimenticare chi in mare lavora e vive. Marinai e pescatori del nord Europa fin dall’antichità hanno avuto nella Bretagna il primo riferimento visivo della fine dell’oceano. Ma la costa bretone non fornisce ripari sicuri. Ci sono scogli, secche, maree, correnti. Per questo la Bretagna è la regione dei fari. Siano essi di grandi dimensioni, oppure piccoli, fari di identificazione, luci di segnalazione o fanali galleggianti, sono l’estremo aiuto che l’uomo offre ai suoi simili che affrontano il mare. La tecnologia oggi offre nuovi strumenti ai naviganti, ed i fari in attività sono rimasti pochi: il loro fascino però rimane intatto. Tra tutti ricordiamo il faro di Saint Mathieu, costruito ai margini dei ruderi di una cattedrale, quasi ad indicare l’estremo aiuto che un faro può offrire a chi, in balia del mare in tempesta, si sente dimenticato.
La Bretagna non è solo mare, però. E’ anche, e forse soprattutto, storia. E’ stata popolata fin dalla preistoria, e proprio dalla preistoria ci sono giunti i monumenti più importanti. I menhir, grandi pietre verticali, spesso lavorate a simbolo virile, di dimensioni variabili, a volte gigantesche, come il menhir di Champ Dolent che raggiunge i nove metri e mezzo di altezza e che da 7000 anni indica, con la sua ombra, la direzione che l’uomo del ferro ha voluto ricordare.
Altre volte i menhir sono solo pietre poste in posizioni predefinite, come nei grandi allineamenti di Carnac, dove le pietre, allineate una di fianco all’altra, si sviluppano su più di quattro chilometri.
E poi i dolmen, formati da due pietre verticali ed una orizzontale, a formare una preistorica porta verso l’al di là. La maggior parte è molto ben conservata e permette di vedere anche tutta la struttura che, assieme al dolmen, faceva parte della sepoltura.
Poi ancora i cairn, tumuli di pietra che raggiungono la loro massima espressione nel cairn di Barnenez, il più grande monumento neolitico del mondo, costruito sulla cima di una collina circondata dal mare. Un luogo magico nell’antichità che conserva ancora oggi la stessa magia.
Quello che stupisce di più di questi antichissimi monumenti è che sono stati eretti per motivi che non ci sono chiaramente noti, ma sono stati preparati, trasportati ed innalzati da uomini privi di qualunque tecnologia. Il menhir conosciuto come Grand Menhir d'Er Grah (grande menhir delle fate) pesa 280-350 tonnellate e la cava di pietra più vicina si trova a più di due chilometri. Come è stato trasportato? Ed innalzato?
Alcuni menhir, nel corso della storia, sono stati “cristianizzati” scolpendovi simboli cristiani e pagani ed aggiungendovi una croce sulla sommità. Un modo per sottolineare la magia di un luogo, indipendente dalla credenza o religione del momento.
Di sicuro l’impronta più importante della storia in Bretagna è stata lasciata fra il medioevo ed il sedicesimo secolo. Non vi è città, paese o borgo che non conservi case e chiese di questa epoca.
Il monumento più famoso della zona (anche se situato amministrativamente in Normandia) è il Mont Saint Michel, patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO.
La storia (o la leggenda) narrano che nell’ottavo secolo l’arcangelo Michele apparve su uno scoglio nella baia di Avranches in un epico scontro contro il diavolo. Il vescovo di Avranches, a ricordo dell’apparizione, fece costruire una chiesa sullo scoglio. Già due secoli dopo si dava inizio alla costruzione dell’abbazia, che doveva sostituire le originarie costruzioni carolingie. Il progetto, sovvenzionato da Riccardo II, è faraonico. Una chiesa di 80 metri di lunghezza arroccata sull’isolotto.
Per due secoli la costruzione va avanti, con l’aggiunta di parti nuove, quali il convento addossato alla parete rocciosa e detto “La Meraviglia”. Come ogni monumento storico, il Mont St. Michel ha attraversato le avversità dei secoli per arrivare quasi intatto fino a noi, meritandosi il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Si possono poi ritrovare, qua e la in Bretagna, luoghi in cui il tempo si è fermato. Uno splendido esempio è Locronan, un paese fermo al sedicesimo secolo ed oggi dedicato all’artigianato ed a un turismo tranquillo.
Così come nel neolitico l’uomo innalzava i menhir per segnalare i luoghi magici, così fecero secoli dopo i celti, innalzando i loro templi e sviluppando una cultura che ancora oggi rimane vive e sentita in tutta la Bretagna. La cristianizzazione ha portato ad una mescolanza fra le culture, ma i segni celtici cristianizzati si vedono ad ogni angolo di strada. Ogni incrocio, infatti, mantiene intatto il fascino di luogo di scelta, essendo accompagnato da una croce in pietra, più o meno decorata.
La cristianizzazione, specie nel periodo fra il dodicesimo ed il sedicesimo secolo, ha portato alla costruzione di una moltitudine di chiese in stile gotico, tutte affascinanti nella loro scarna decorazione interna e nel fascino del caleidoscopio di colori proiettati dalle vetrate al piombo.
Tipiche, nelle chiese, le statue dei santi in legno o gesso dipinto e gli ex voto, che riportano la mente ad un popolo fortemente legato al mare.
In qualunque modo si pensi la Bretagna, dalla visione culturale a quella magica e quella più propriamente turistica, non si può non far correre la mente al mare. Esiste un percorso “tipo” del turista che vuole vedere le pittoresche coste della Bretagna: Cap Frehel con il suo faro e, più in la, il Fort la Latte, castello medievale a picco sul mare che riporta la mente ad antiche storie di vichinghi.
La costa di granito rosa, tanto particolare da sembrare costruita in modo artificiale per attirare i turisti, i diversi Point della costa Occidentale, la “fine del mondo” per i bretoni, ognuno simile e diverso all’altro; promontori intervallati da lunghe spiagge sabbiose, che appaiono e scompaiono secondo il ritmo della marea. Le coste meridionali, all’apparenza più tranquille, ma in realtà aspre e incantate, come la Cote Sauvage della penisola di Quiberon.
E poi ancora i porti di pescatori, con il mercato che si apre in corrispondenza al massimo di marea e quindi ad ore sempre diverse, di cui Le Guilvinec è uno splendido esempio.
Ed ancora i fari, piccoli come quello di Paon, e grandi come il faro di Eckmull, che nonostante la sua imperiosa presenza non ha potuto evitare drammatici naufragi nel mare ai suoi piedi.
Poi isole, isolette ed isolotti, di cui forse la piccola Brehat incarna l’essenza. Isole granitiche, senza traffico, con un dedalo di stradine che si perdono nella verdissima campagna e con un lato, battuto dai venti e dalle tempeste, in cui il verde e l’azzurro del mare si confondono, in un ribollire di schiuma, con il rosa del granito. Su tutto domina il faro, luce e guida per chi dal largo ambisce a ricongiungersi con i suoi cari.
Per finire le città più grandi, attive e dinamiche, legate alla tradizione. L’imponente città fortezza di Saint-Malo, tanto legata agli eventi della marea da esserne circondata ed assediata, le cittadine di Lannion e Morlaix, con le loro leggende e la loro tranquilla vita di provincia e gli scorci storici da cartolina, la bella e opulenta Quimper, con il centro storico simile ad un paese delle fiabe e la cattedrale ad angolo.
Una regione stupenda, a misura d’uomo e di turista, in cui ognuno trova qualcosa di proprio gusto e tutti possono soddisfare il loro desiderio di vacanza.